In che modo i nanomateriali cambiano nell’ambiente

La ricerca mostra che, una volta rilasciati nell’ambiente, i nanomateriali subiscono trasformazioni immediate e complesse. Queste possono essere trasformazioni biologiche, fisiche o chimiche che sono influenzate dalle caratteristiche specifiche dei materiali e dalle condizioni ambientali.

I nanomateriali possono entrare nell’ambiente in qualsiasi fase del loro ciclo di vita, durante la produzione della materia prima, quando si utilizza un prodotto che li contiene nanomateriali oppure quando tale prodotto viene riciclato o trasformato in rifiuti. Può accadere direttamente, ad esempio quando si nuota dopo avere applicato una crema solare contenente un nanomateriale, oppure indirettamente, attraverso sistemi tecnici come un impianto di trattamento delle acque reflue.

Per capire come si comportano i diversi nanomateriali in differenti condizioni ambientali è importante considerare le loro trasformazioni chimiche, fisiche e biologiche.

 

I processi di trasformazione sono complessi e avvengono simultaneamente

Il modo in cui le nanoparticelle mutano nell’ambiente dipende dalla loro composizione unica definita dalle dimensioni, dalla composizione del nucleo e dal trattamento della superficie, chiamato rivestimento o copertura isolante. Questi parametri incidono in modo determinante sulla loro stabilità, dissoluzione o agglomerazione portando a materiali trasformati con comportamento diverso.

Ciò è ulteriormente complicato dall’influenza di condizioni ambientali, come la temperatura, la presenza di diversi sali o altre particelle organiche e inorganiche, sulla trasformazione delle nanoparticelle.

Infine, l’interazione con gli organismi ha un impatto sulle specifiche reazioni di trasformazione. Questa interazione si svolge in entrambi i sensi: particelle e organismi che si influenzano a vicenda, ad esempio reazioni di disintossicazione che modificano le caratteristiche fondamentali delle particelle. 

Questi processi di trasformazione fisica, chimica e biologica avvengono immediatamente dopo il rilascio e molto spesso simultaneamente, incidendo sul trasporto, sulla mobilità, sul potenziale di assorbimento negli organismi e sull’interazione con gli stessi. L’interazione tra questi processi e il trasporto delle nanoparticelle determina il destino e, in definitiva, il potenziale ecotossicologico delle nanoparticelle.

 

Considerazioni sulla biodegradazione dei nanomateriali organici e sui rivestimenti della superficie

La biodegradazione è un processo naturale nell’ambiente in cui i microrganismi scompongono qualsiasi materiale organico per riciclare elementi biologicamente essenziali.

Questo principio di biodegradazione si applica anche alle sostanze chimiche organiche. La velocità del tasso di biodegradazione di una sostanza chimica è un fattore positivo, perché il composto scompare più velocemente dall’ambiente e può causare meno danni. Pertanto, nella valutazione dei pericoli chimici, è necessario esaminare la potenziale persistenza con test standard consolidati (ad esempio, le linee guida per i test dell’OCSE) per determinare la biodegradabilità di una sostanza chimica.

Come per qualsiasi sostanza chimica “convenzionale”, è quindi fondamentale chiedersi se e come i nanomateriali organici o i rivestimenti si biodegradino una volta rilasciati nell’ambiente. Alla luce delle proprietà uniche dei nanomateriali, i ricercatori stanno valutando l’idoneità di test standard consolidati per analizzare la loro possibile biodegradabilità.

Sebbene le prime indicazioni mostrino che i metodi di prova esistenti in linea di principio funzionano, è necessario continuare a lavorare ai perfezionamenti tecnologici che riconoscano i requisiti nano-specifici piuttosto che modificare i test esistenti o sviluppare nuovi metodi.